Ad un caffè questa mattina, vestita leggera, gambe nude.
Mi sono seduta ad un piccolo tavolo, un po’ in disparte.
Attendevo il mio macchiatone leggendo i messaggi sul cellulare, quando vedo qualche tavolo più in là due uomini seduti, sulla quarantina, che conversano tra loro, come sanno fare solo loro.
Una donna seduta sola non passa inosservata, e infatti percepisco lo sguardo di quello di fronte, che indugia, poi stacca, parla con l’altro, poi appena può torna da me. Così fanno.
Gli vedo lo sguardo fuggire veloce più volte sotto il mio tavolo, a guardarmi le gambe.
Ne sono leggermente infastidita, ma poi ci penso e mi dico che è così, tanto vale approfittarne per giocare un po’.
Accavallo la gamba di sinistra, poco dopo la destra, girandole appena. Ad un tratto mi piego e, senza distogliere gli occhi dal cellulare, con la mano sistemo la cinghietta alla caviglia. Il suo sguardo è intrappolato.
Lui aspetta solo che io per qualche assurdo motivo allarghi le gambe, vuole vederci dentro. Lo so e lo lascio attendere. Passano i minuti, arriva la mia tazza. Loro si alzano e, proprio mentre lo fanno e solo in quel momento, quando a mezzo movimento non possono più tornare indietro e risedersi, accavvalo nuovamente le gambe, molto lentamente, lasciando per un un paio di secondi una visione fantastica a chi ha aspettato ma che ora non può più goderne.
Ora puoi andare serenamente in ufficio.
(continua)